sabato 4 giugno 2016

a volte basta il BICARBONATO

Non ho l'intenzione di inondare con le mie parole questo gruppo approfittando del silenzio di altri, è solo che particolari contingenze mi han fatto ricordare ACCADIMENTI (sic) decisamente lontani, come del resto dicono sia per chi ha già parecchio vissuto, in termini d'anni e non sempre d'esperienza e saggezza. Naturalmente ci vuole qualcosa per suscitare una emozione, un ricordo nel tran tran abituale di un vecchio pensionato, condizione quanto mai fastidiosa oggi. Nel mondo contadino dei miei anni lontani la pensione non esisteva, almeno che io ricordi, man mano che gli anni passavano c'era sempre una funzione, una mansione, un qualcosa di utile per tutti, a cominciare dal singolo, anche quando il capotribù aveva lasciato il campo al più adatto degli eredi, specie se la scelta era accettata e condivisa fra i vari concorrenti.
 
Ma non è di questo che mi piace oggi parlare, tutto era cominciato nella tarda mattinata di un paio di giorni fa, una volta finita la preparazione del rancio  per tutti, fossero umani o a quattro zampe. Qui a Platamona (SS) infatti non solo c'era la Lilla, affettuosa e scontrosa cagnotta di media taglia e di tante origini recuperata da oltre tre anni dal canile municipale di Cagliari, ma ci sono anche un paio di gatti che, abbiano o  meno un localizzatore portatile, arrivano puntualmente appena finisco di parcheggiare il vecchio e traballante furgoncino VW, che da oltre 14 anni mi porta in giro purché io lo rifornisca al momento giusto.
 
Fra un fornello e l'altro, improvvisamente m'era venuta voglia di andare fino alla spiaggia del villaggio, giusto per vedere com'era messo e, in fondo, sono solo poche centinaia di metri in mezzo alla pineta... Tutto bene, almeno subito, anche se gli addetti nei giorni prima avevano ripulito il sentiero, i giardinotti limitrofi e il vicino sottobosco accumulando vari mucchi di residui che sarebbero poi scomparsi qualche giorno dopo, liberando del tutto, e bene, il sentiero. Così l'impavido Benito pensò giusto di non deviare, in fondo era solo un banale intreccio di foglie e ramaglie senza particolari intoppi e rischi e poi è cosa maschia e rude fregarsene di questi banali ostacoli così facili da calpestare e addomesticare...
 
La cosa però si complicò un po' di ore dopo con la comparsa attorno all'orlo del calzettone sinistro di tutta una corona di macchie e una quasi foruncolosi diffusa via via sempre più fastidiosa e dolorosa. Roba da pronto soccorso? Non scherziamo, era già ormai sera e vabbè passerà, chi non ha in casa una qualche crema lenitiva o anti qualcosa... in effetti l'eccezione ero io e così in qualche modo cercai di lenire l'andazzo aspettando giorno e rimuginando. 
 
E, infatti, il mattino dopo l'aspetto era decisamente preoccupante, oltre che doloroso, e sembrava proprio quel che mi era accaduto  l'estate di anni prima, nel 1949, agosto, residenza estiva del Seminario Vescovile di Imola, a Monte del Re, comune di Dozza Imolese. (Combinazione a Dozza era nato il mio nonno Cremonini "Augusto", poi baldo giovane anarcoide di buona famiglia scappato a Trieste dove etc. etc.).
 
Già, nel 1947 (dal 1945 ero in collegio a Villa San Martino di Lugo, assieme a tanti altri più o meno "con problemi") avevo convinto assistenti, genitori ed etc. che volevo andare in Seminario per diventare prete (vescovo, cardinale, papa), nonostante mia madre, laica fascista e poco alfabeta, sostenesse "mei mort che prit". Ma questa è un'altra storia e già raccontata anni fa.
 
Lì, a Monte del RE, era una pacchia, c'erano tante ore libere per andare a zonzo fra i calanchi e, anche se io avevo una gamba farlocca, per l'andare su e giù fra ginestre, ruzzoloni e risalite faceva arrivare subito sera e nessuno rompeva se la nera divisa con giacca a collo alto si era un po' molto impolverata. Poi c'era anche altro, come andare in giro per la cerca passando da casa colonica a casa colonica a raccogliere uova, polli, conigli per la festa parrocchiale dell'ultima domenica d'agosto con l'annessa "pesca". Fra l'altro, e per inciso, sempre in occasione di quella festa alcuni di noi seminaristi eravamo impegnati in una commedia e quell'anno fui compreso anch'io dove io, nella parte di un vecchio padre con un monologo che si concludeva con un pianto desolato.
 
A ripensarci non so perché me l'avessero assegnata, ero il più piccolo di statura della mia classe,  zoppo, magro, con lasciti neonatali piuttosto evidenti ma evidentemente, bontà loro, forse compensati da qualcosa di diverso del solito.
 
Ricordo che il monologo finì con un applauso e i miei condiscepoli (eravamo oltre 150 dagli 11 anni fino ai circa 22/23 della consacrazione, oggi non arrivano a 15)  intonarono una canzone, le ragazze di Trieste, forse anche per cortesia e incoraggiamento o, era l'epoca, anche per sottolineare un certo anticomunismo-nazionalista visto che allora Trieste era TLT, territorio libero sotto amministrazione alleata anglo-americana (ZONA A), mentre la ZONA B era sotto amministrazione (e poi inglobata) Yugoslava con a capo, allora, il comunista maresciallo TITO. 
 
Ma torniamo a bomba, torniamo al viaggio fra i calanchi da casa colonica
 
 
 
di calanco in calanco fino all'inevitabile capitombolo in mezzo ai cespugli di ginestre e poi fino a finire nel solito nido di vespe con l'intervento provvidenziale, ed esperto, di uno dei miei compagni che appoggiò, giusto sopra alla puntura sul collo, la lama del suo coltellino tanto che poi non ci fu conseguenza. Ma furono ben maggiori le conseguenze sulla gamba sinistra che per un qualche mistero era finita contro un avanzo di ferro con conseguente sgorbio e l'aggiunta di punture di rovi e di ortiche.
 
Ci vollero settimane per guarire, con pus e altre simili cose e cicatrici residuali. Ed è qui che arriva l'assonanza con l'incidente del sentiero marino di questi giorni visto che ci fu chi mi disse: occhio alle ortiche  e il GRANDE CHIMICO sottoscritto non capì. Allora aggiunsero, guarda su GOOGLE,  e il grande chimico con sufficienza andò ... e scoprì che era utilissimo intervenire con il BICARBONATO, come vien ben illustrato qui.
 
Chissà come sarebbe andata se in quel lontano 1949 qualcuno avesse suggerito il BICARBONATO, di ceto non avrei avuto l'occasione di riandare a quegli anni così lontani, eppure così vicini quando tornano nei ricordi. Gli anni sembrano così lunghi all'inizio e così veloci quando crescono di numero.
 
C'EST LA VIE!

4 commenti:

  1. Chi l'avrebbe mai detto! Il bicarbonato per le ortiche? Buono a sapersi!

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    1. questo sul veloce, poi arrivano gli AMICI in soccorso per contrattaccare. Già perché intanto ci son bolle anche belle turgide e pure dolorose. Ecco allora che è meglio un ambiente acido senza esagerare tipo, nell'emergenza, impacchi di carta igienica inzuppata d'aceto. Ci son voluti tre giorni e il problema alla fine s'è risolto. Il campo di battaglia comunque è ben evidente. Ma la colpa è stata pure mia, avevo dei calzerotti al polpaccio carichi di frammenti (avevano rasato il sentiero, il tutto era ammucchiato, io c'ero entrato dentro e non avevo dato importanza). Il tutto così si era impastato con l'umido e quando ho sentito il bruciore, alcune ore dopo, il dramma era compiuto e i soccorsi erano in ritardo.

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  2. Compensati da una vivacità intellettuale che doveva essere già presente all'epoca :)Che belli i tuoi ricordi, sembrano fiabe...
    Il bicarbonato è una sorta di panacea :)

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    1. e non dimenticare l'aceto che, visto che siamo strutturato a proteine complicate, spesso è utile per portar via i frammenti prodotti dal MAL STARE. In questo modo un po' di acqua fresca
      di torrente elimina le scorie e alimenta piante e pesci... Così è la VITA, che dalla MORTE rinasce continuamente!

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