martedì 10 maggio 2016

leggendo Palazzeschi

Chiedo preventivamente scusa al colto (pubblico) e all'inclita (guarnigione) perché mi avventuro in un terreno molto lontano non solo dal mio solito, ma anche sul quale mi muovo con molte difficoltà fisiche e psichiche.
 
E, intanto, debbo ringraziare chi mi ospita per la ricca biblioteca che io saccheggio di quando in quando, specie se relativa ad anni lontani. Può darsi che l'autore in questione non godesse di buona considerazione nei miei anni di liceo, sia pure cosiddetto scientifico, negli anni 1950-55 oppure non fosse più di moda. La mia lettura è partita dalle Sorelle Materassi, anzi è stata una rilettura, perché il primo incontro c'era già stato un paio di anni fa. Ed era stata una lettura interessante, di ambiente, di realtà umane, di coraggio ed insieme di navigazione resa possibile da un modo di essere concentrato sull' importanza del fare.
 
Già, il fare, quel fare che fa sì che le classi superiori (o banalmente ricche) non solo si degnino ma che addirittura chiedono che tu le segua, non importa il costo, perché sei diventata un marchio (si direbbe oggi, sempre che io non sbagli, un TREND) e i clienti si mettono in fila, premono per essere serviti. In cambio però il rigore, la serietà, l'accuratezza, gli unici strumenti, consapevoli o meno, che difendono il tuo ruolo.
 
Poi però c'è una specie di contrappasso, così rigorose nel loro lavoro ricaricandosi  settimanalmente tutte belle addobbate guardando dalla finestra il passaggio del tempo e del mondo umano,  ed anche, o soprattutto, nella benevolenza verso il virgulto NIPOTE al quale vien concesso di tutto e di più, come una rivalsa sulla disciplina autoimposta e che pure non pesa, perché il fare, FARE BENE, è un premio insostituibile e assoluto.
 
Ed è la rovina economica, il disorientamento, ma senza recriminazioni particolari, una rassegnata modifica se non fosse che la fama, il prestigio acquisito aprono inaspettatamente un nuovo mercato, quello modesto ma dei TANTI. I tanti subalterni, che a loro volta aspirano a qualche simbolo per dimenticare le costrizioni e i confronti e così le sorelle possono tornare tranquille e in qualche modo felici, stavolta da una posizione di rango, di superiorità accondiscendente ma di nuovo OPEROSA, perché è nella religione del fare, e fare bene, la vera realizzazione personale.
 
 
 
Ma non finisce qui il Palazzeschi, perché c'è una perla, un diamante, una prima opera
quella de IL CODICE DI PERELA', anno 1911. Palazzeschi ha 26 anni, ha obbedito al padre e alla tradizione tanto da diventare ragioniere ma quello era lo ALDO PIETRO VINCENZO GIURLANI che dal 1905 era diventato Palazzeschi, il cognome della nonna. E  non doveva essere casuale la scelta, o almeno mi piace immaginare così, una di quelle nonne finalmente libere dalle funzioni definite fondanti per le femmine ma che, finalmente, lasciavano trapelare e conoscere il fondo fantastico e quasi alieno perché loro sui maschi HANNO un privilegio. Senza di LORO non c'è VITA e quindi non c'è FUTURO.
 
E il PERELA' è un viaggio libero, anarchico, prepotente nel genere femminile ma anche nei confronti del potere. Potere che alla fine vince e travolge quella creatura di "fumo", ma la vittoria è solo una rancorosa ammissione di sconfitta per aver seguito il NULLA.
 
 

7 commenti:

  1. Purtroppo non ho letto nessuno dei due romanzi, e non saprei come interagire in merito ai contenuti.
    Tuttavia voglio ringraziarti.
    Per lo stimolo alla lettura, soprattutto per il "Codice di Perelà" « Pena! Rete! Lama! Pena! Rete! Lama! Pe...Re...La… » che in quanto favola futurista (mi sono documentata) mi affascina molto.
    E per la tua forte attenzione all'universo femminile e alle sue potenzialità creatrici, di cui questo post è sicuramente un omaggio.
    [img]http://www.freesmileys.org/smileys/smiley-basic/arms.gif[/img]

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  2. ho avuto la fortuna di una madre indisponente (e premurosamente brusca), una giovanissima zia felicemente premurosa (almeno lei), un discreto numero di cuginette e colleghe in abbondanza, alcune delle quali si meravigliavano che le trattavo come fossero maschi, senza cioè i soliti mielosi comportamenti. E poi vengo da un mondo contadino di Romagna dove maschi e femmine discutono a tavola in modo paritario di lavoro e del mondo e negli anni triestini ho capito l'importanza delle femmine nelle famiglie operaie della grande industria. Però forse sono anni lontani rispetto all'oggi anche se con una mia nipotona, quando ci incontriamo (ci divide il mare, io vivo in Sardegna, lei a Bologna) rivedo la piccola lottatrice di SUMO dei suoi primissimi anni e l'adolescente curiosa e diretta e adesso alta e sottile. Io ormai quasi 80, lei poco dopo i 15. Un saluto.

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  3. Io Palazzeschi l'ho studiato (quel cloppete cloppete cloppete mi ha perseguitata per tanto tempo) ma come tutte le cose imposte, ho avuto una reazione quasi di rifiuto... poi il futurimo non mi è mai piaciuto... insomma Palazzeschi l'ho studiato ma me lo son scordato [img]http://www.freesmileys.org/smileys/smiley-basic/tongue.gif[/img] ... ma anche io, come Carmela , ti faccio i complimenti per l'attenzione verso il mondo femminile. Penso che abbiano influito le figure femminili della tua adolescenza, ma l'insegnamento e l'esempio abbiano solo attecchito su un terreno già predisposto e sensibile [img]http://www.freesmileys.org/smileys/smiley-basic/smile.gif[/img]

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    1. BBUONA lei... Anch'io avevo dei dubbi poi mi ha incuriosito il caso delle sorelle Materassi e vi ho ritrovato stili e modi abbastanza vicini proprio perché il mondo cittadino e quello contadino coabitante erano ben visibili a quello strano ragazzino curioso che voleva capire, conoscere perché non poteva correre, ma pensare sì. Quanto all'altro dopo le prime pagine cammina da solo con una lingua, nel senso di cadenze, termini, costruzione delle frasi, che pare oggi (almeno per età non proprio adolescenti e all'epoca l'autore era meno che trentenne). Cercalo, però è vero io non faccio testo. GRAZIE.

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  4. Io delle sorelle Materassi ho il vago ricordo di uno sceneggiato trasmesso da RAI uno quand'ero piccolina. Mi vengono in mente alcuni flash...Più tardi credo pure di aver letto il libro, ma anche in questo caso i ricordi sono sfocati.
    Nel mondo della mia infanzia e giovinezza ricordo zie piuttosto energiche, che hanno sempre sostenuto la famiglia e guidato la famiglia più del marito, così come mio padre, orfano di madre fin dalla tenera età, aveva sempre avuto un rapporto paritario con mia madre: lui l'aiutava a lavare i piatti e a pulire la casa, lei aiutava lui nell'orto o quando c'era da ridipingere le pareti delle stanze, o aggiustare un rubinetto.
    Insomma, le donne sono sempre state forti, nonostante le abbiano definite il sesso debole, forse proprio perchè hanno dovuto imparare presto a sopportare la sofferenza, a combattere per ottenere i diritti che meritano, a difendersi dall'ignoranza e dal pregiudizio.

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  5. Sarà combinazione, eppure questa settimana ho incontrato due citazioni relative al Palazzeschi, quello del dopoguerra, anzi poco più di 40 anni fa. Del resto se ricordo bene muore attorno al 1976. L'ultima, di OGGI, ovviamente non di poesia era su IL FOGLIO, uno dei tanti giornalacci che io leggiucchio sul WEB http://www.ilfoglio.it/cultura/2016/05/15/aldo-palazzeschi-economia-italia-germania___1-v-141987-rubriche_c404.htm

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